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Green pass nel settore privato: ecco i tanti punti deboli

La norma che desideriamo commentare è l’art. 3 del D.L. 127/2021 che introduce l’obbligo del green pass nel settore lavorativo privato.

Adottiamo un‘esposizione didascalica al fine di fornire uno strumento di rapida lettura ed utilizzo.

  1. Cogliamo l’occasione per premettere che fissare al 31/12/2021 il termine di cessazione dello stato di emergenza, come ormai siamo abituati a leggere nei decreti del governo, è una chiara contraddizione in termini. Infatti, se fosse vero che esiste, ancora oggi, uno stato di emergenza, allora non se ne potrebbe stabilire la sua fine futura in modo prognostico per legge, salvo l’accertarne, effettivamente, il venir meno delle condizioni della proclamazione. Sotto questo profilo tutte le proroghe dello stato di emergenza, risultano carenti di tale verifica e, quindi, come tali illegittime.
  2. Il termine “chiunque” svolge attività lavorativa è indefinito, in quanto non si specifica, in particolare il contesto di luogo, ivi ricomprendendo anche chi, e non si tratta di eccezioni, svolge la propria attività lavorativa in modo del tutto solitario. Sotto questo profilo la norma è irragionevole ed arbitraria, ricomprendendo nell’obbligo anche i lavoratori autonomi che svolgono la propria attività da soli.
  3. Da quanto sopra discende che non vi è obbligo di green pass per chi accede all’azienda per finalità diverse rispetto a quella lavorativa.
  4. Il fine di prevenire la diffusione del Sars Cov 2 ed il fine di tutelare la salute dei lavoratori, non vengono di certo realizzati con l’attuale strutturazione delle schede lasciapassare denominate verdi: infatti, la mancanza totale di controlli sui vaccinati rappresenta un gravissimo vulnus del sistema, che mette a rischio la sicurezza complessiva dei luoghi di lavoro ed espone i datori di lavoro a possibili pesanti sanzioni ed azioni di risarcimento.
  5. Accesso ai luoghi ove la predetta attività è svolta: solo per accedere a tali siti è necessario esibire la scheda. Da ciò discende che si può accedere, per le più svariate finalità ad altri luoghi dell’azienda, quali uffici amministrativi, ad esempio, senza che ciò possa avere alcuna conseguenza sanzionatoria.
  6. La scheda va esibita solo se richiesto;
  7. I datori di lavoro devono stabilire le modalità operativa per l’organizzazione delle verifiche, anche a campione. Si ritiene che di tali modalità ne debba essere data notizia ai lavoratori.
  8. Le verifiche devono essere effettuate al momento dell’accesso, si ribadisce, ai luoghi di lavoro, non all’azienda nel suo complesso.
  9. Chi fa i controlli deve essere munito di apposita delega formale che deve essere esibita su richiesta.
  10. Le verifiche delle schede deve essere effettuata secondo le modalità stabilite con apposito DPCM, ad oggi non ancora emanato. E fintanto che non verrà adottato appare evidente che la norma non potrà essere, in concreto, applicata.
  11. Chi non ha il green pass al momento dell’accesso sui luoghi di lavoro e non entra, è considerato assente ingiustificato, senza conseguenze disciplinari e col diritto alla conservazione del posto.
  12. Per il periodo di assenza ingiustificata non sono dovute retribuzioni, ed altri emolumenti.
  13. Se, invece il lavoratore entra, nessuno lo può allontanare, così come nessuno, del resto, può impedirgli, legittimamente di entrare, e svolgere la propria attività lavorativa. L’accesso è punito con la sanzione amministrativa da 600 a 1.500 euro e sono eventualmente applicabili le sanzioni disciplinari. In merito occorre osservare che ad oggi non sono individuati i soggetti che possono accertare e contestare le violazioni ai fini sanzionatori, così come gli attuali Contratti collettivi e regolameni non prevedono simili fattispecie a conseguenza disciplinare.
  14. La lettura del combinato disposto dei commi 6 e 8 dell’art. 3 in commento si è portati a concludere che chi entra in azienda e lavora, seppur sprovvisto di green pass, pur essendo soggetto a sanzione ed eventualmente a provvedimenti disciplinari, non sia considerato assente ingiustificato, mantenendo il diritto alla retribuzione. Se un lavoratore viene colto, ad esempio, dopo 20 giorni senza green pass, soggiace alla sanzione ma mantiene il diritto alla retribuzione per i giorni lavorati.
  15. Il datore di lavoro, se non effettua i controlli e se non adotta modelli organizzativi, soggiace ad una sanzione amministrativa che va da 400 a 3.000 euro (art. 4 D.L. 19/2020);
  16. Le violazioni devono essere accertate e contestate: ad oggi, però, non è dato sapere chi debba accertarle e contestarle. Anche questo pare essere un grave vulnus: chi ha il potere di accertare e contestare la violazione? Chi esercita tale funzione, necessariamente deve rivestire la qualifica di pubblico ufficiale quali gli agenti od ufficiali di pubblica sicurezza, che però non possono richiedere dati sanitari e mostrare un green pass significa comunicare il proprio stato di salute.
  17. Allo stato attuale, salvo ulteriori disposizioni, non può essere il datore di lavoro ad accertare e contestare le violazioni ai fini sanzionatori. Difficile che possa esserlo in futuro in quanto i suoi atti, privatistici, non posso accettare situazioni ai fini sanzionatori prefettizi.
  18. Le violazioni sono irrogate dal Prefetto, sulla base delle comunicazioni ricevute dagli accertatori, attualmente indefiniti.
  19. Non può essere impedito l’accesso e la permanenza in azienda da parte dei lavoratori sforniti di green pass, pena commettere il reato di violenza privata, per la quale l’art. 610 del codice penale prevede fino a quattro anni di reclusione.
  20. Il dipendente che accede all’azienda per non lavorare non è sanzionabile.

Per le realtà con meno di 15 dipendenti torneremo con un successivo articolo.


Di Avv. Mauro Franchi

Membro di Praesidium, osservatorio giuridico costituito in Parma per la tutela dei diritti costituzionali dei cittadini

6 risposte su “Green pass nel settore privato: ecco i tanti punti deboli”

Buongiorno,
Ho letto che il Garanrte della privacy ha dato il permesso di richiedere il documento di identità da parte di chi effettua il controllo del “lasciapassare”. C’è una norma che si oppone a tale comportamento o è pienamente legale? Grazie

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Buongiorno volevo chiedere se era possibile visto che dal 15 ottobre entra in vigore il green pass ed io non essendo vaccinata e non avendo trovato farmacie con posti liberi.
Essendo che ho un mese e più di permessi arretrati se la mia mia azienda facendone richiesta è obbligata a darmeli ??? O se possono decidere di darmi ad esempio solo una settimana ??? Invece di arrivare ad esaurimento permessi … o nel caso se chiedessi il pagamento di essi non possono tirarsi indietro …???? Grazie mille spero di avere risposta così da potermi muovere in modo corretto nei confronti dell azienda…

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Buongiorno, mia moglie lavora come addetta alle pulizie in un centro commerciale, dipendente di una impresa esterna. Chi ha l’obbligo di controllare il suo tampone, l’impresa x la quale è dipendente, oppure l’azienda dove presta la sua opera? Posso avere una risposta ? Grazie mille

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Buona sera, avrei necessità di sapere se è sufficiente l’esito del tampone negativo rilasciato in cartaceo dalle farmacie, per avere accesso alle case di cura per anziani. In allegato la disposizione del ministero e la documentazione della Regione Piemonte da cui ho cercato di documentarmi e dalla quale mi sembra di capire che sia sufficiente. Le pongo questa domanda perché Domenica scorsa mi è stato rifiutato, e mi è stato chiesto di esibire il green pass. Grazie mille. Loredana Delfino CIRCOLARE ACCESSO E USCITE DI VISITATORI_OSPITI.pdf

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Buongiorno sono Massimiliano io sono un lavoratore autonomo che collabora con uno studio tecnico. Proprio domattina vuole parlarmi della questione green pass perché lui dice che si sente sotto pressione della legge credo che la sua sia solo la paura della sanzione…..Io non ho intenzione di scendere a compromessi unilaterali. Purtroppo non c’e tutela per la categoria dei lavoratori autonomi. Non vuoi sottostare bene quella è la porta questa potrebbe essere La risposta che possiamo avere. Io voglio dialogare pacificamente facendogli presente che la legge è incostituzionale, che essendo un esercizio piccolo e privato all’interno di un condominio chi mai verrà a controllare, che può istituire il registro con controlli a campione e far risultare la verifica delle altre due persone che sono vaccinate…..È quando faccio il tampone far risultare anche il mio..Io posso scendere al compromesso per ora di fare un tampone non inferiore a 15 giorni e lui deve contribuire ad una parte del pagamento…..posso intimarlo a chiedere il tampone anche a loro che sono vaccinati anche se nel mio caso lascia il tempo che trova per me vale sempre il fatto che possono tranquillamente dirmi quella è la porta.
Certo è, come ho detto prima, che la mia proposta sarà lavoro da remoto oppure Max un tampone ogni due settimane.
Ho visto che a breve uscira’ un articolo anche sui privati con meno di 15 dipendenti. Sarebbe interessante anche in articolo su come i lavoratori autonomi si posso difendere…..
Grazie

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Buongiorno sono Simonetta Bucci la nostra è meno di 15 dipendenti , ma non capisco una cosa perché devo prendere in considerazione quello che dicono “loro” e non quello che dice la mia costituzione e il parlamento UE . Io denuncio il fatto che il mio datore mi chiede un illggittima cioè una tessera sanitaria discriminatoria che va contro i principi Umani Costituzionali . Io non accetto nemmeno i tamponi che invadono il mio corpo e il mio stato psichico questo è accanimento. La Democrazia non è ammesso tale azioni in democrazia si trova la strada più adatta ad ogni esigenza e non esiste vince la maggioranza !! Dunque io denuncio se mi viene imposto di non venire al lavoro?! Dietro a qualcosa di scritto ? Ma se non mi scrivono nulla e me li impongono a voce? Oddio non avrei mai creduto esistesse questa situazione

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